Stirneriana
L’Unico
Di seguito alcune citazioni, ordinate come appaiono in origine, del testo de L’Unico e la sua proprietà. La “u” in maiuscolo è quasi sempre presente nel titolo italiano dell’opera per mettere in risalto il significato dato a questa parola, in origine un semplice aggettivo. A volte anche la “p” di proprietà viene scritta in maiuscolo, per lo stesso motivo. In tedesco, del resto, tutti i sostantivi hanno l’iniziale maiuscola, come nel titolo originale Der Einzige un sein Eigentum.
Userò l’edizione che ho letto io, le sottolineature e le note da me apposte: Adelphi Edizioni, Biblioteca Adelphi 91, 1979 dc, con un saggio di Roberto Calasso, fondatore e direttore editoriale della stessa casa editrice dal 1971 dc, per poi diventarne consigliere e presidente.
Correggerò alcuni di quelli che, a mio avviso, sono errori di punteggiatura.
Io ho fondato la mia causa su nulla
Che cosa non dev’essere mai la mia causa! Innanzitutto la buona causa, poi la causa di Dio, la causa dell’umanità, della verità, della libertà, della filantropia, della giustizia; inoltre la causa del mio popolo, del mio principe, della mia patria; infine, addirittura la causa dello spirito e mille altre cause ancora. Soltanto la mia causa non dev’essere mai la mia causa. “Che vergogna l’egoista che pensa soltanto a sé!”.
…
E allora, sulla base di questi fulgidi esempi, non volete capire che è l’egoista ad avere sempre la meglio? Io, per conto mio, ne traggo un grande insegnamento e, piuttosto che continuare a servire disinteressatamente quei grandi egoisti, voglio essere l’egoista io stesso.
Dio e l’umanità hanno fondato la loro causa su nulla, su null’altro che sé stessi. Allo stesso modo io fondo allora la mia causa su me stesso, io che, al pari di Dio, sono il nulla di ogni altro, che sono il mio tutto, io che sono l’unico.
…
Lungi da me perciò ogni causa che non sia interamente la mia causa! Voi pensate che la mia causa dovrebbe essere almeno la “buona causa”? Macché buono e cattivo! Io stesso sono la mia causa, e io non sono né buono né cattivo. L’una e l’altra cosa non hanno per me senso alcuno.
Il divino è la causa di Dio, l’umano la causa “dell’uomo”. La mia causa non è né il divino né l’umano, non è ciò che è vero, buono, giusto, libero, ecc., bensì solo ciò che è mio, e non è una causa generale, ma - unica, così come io stesso sono unico.
Non c’è nulla che m’importi più di me stesso!
Parte prima
L’uomo
Per l’uomo l’essere supremo è l’uomo, dice Feuerbach.
Soltanto adesso l’uomo è trovato, dice Bruno Bauer.
Bene, guardiamo un po’ più da vicino questo essere supremo e questo nuovo ritrovamento.
I
Una vita d’uomo
Dal momento in cui apre gli occhi alla luce, l’uomo, trovandosi buttato a caso tra tutte le altre cose del mondo, cerca di trovare sé stesso e di conquistare sé stesso emergendo dal loro groviglio.
Ma tutto ciò che il bambino tocca si ribella alla sua stretta e afferma la propria esistenza.
Perciò la lotta per l’autoaffermazione è inevitabile, perché ogni cosa tiene a sé stessa e nello stesso tempo si scontra continuamente con altre cose.
…
Per molto tempo ci è risparmiata una lotta che più tardi ci farà trattenere il respiro: la lotta contro la ragione. L’infanzia più bella passa senza che siamo costretti a batterci con la ragione. Non ci preoccupiamo affatto di essa, non ci lasciamo invischiare, non accettiamo ragione alcuna. Con la persuasione non si ottiene niente da noi, che siamo sordi di fronte ai suoi buoni motivi, ai principi ecc.: invece resistiamo alle carezze, alle punizioni e simili.
…
L’atteggiamento si è ribaltato completamente, il giovane assume un comportamento spirituale, mentre il fanciullo, non sentendosi ancora spirito, cresceva imparando meccanicamente. Il giovane cerca d’impadronirsi non delle cose, ma dei pensieri che si nascondono dietro le cose (così, per esempio, non tenta di ficcarsi in testa le date della storia, ma invece cerca lo spirito della storia): il fanciullo, invece, capisce sì i rapporti, ma non le idee, lo spirito, perciò accumula nozioni e nozioni, senza procedere a priori e teoreticamente, cioè senza ricercare le idee.
…
Soltanto quando abbiamo imparato ad amarci nel proprio corpo e a godere di noi stessi, del nostro corpo e della nostra vita (ma questo può accadere solo nell’età matura, nell’uomo adulto), solo allora si ha un interesse personale o egoistico, cioè un interesse non solo, mettiamo, del nostro spirito, ma invece un interesse alla soddisfazione totale di tutta la persona, un interesse personale.
…
Se io, come spirito, ho respinto lontano il mondo col più profondo disprezzo, io stesso, come individuo proprietario, respingo lontano gli spiriti o le idee nella loro “vanità”. Essi non hanno più potere su di me, così come nessuna “potenza terrena” ha potere sullo spirito.
Il bambino era realista, le cose di questo mondo lo imprigionavano finché a poco a poco non gli riuscì appunto di venire a capo di queste cose. Il giovane era idealista, i pensieri lo entusiasmavano, finché, lavorando su sé stesso, non divenne uomo adulto, ossia l’egoista che gioca a piacimento con le cose e con i pensieri e pone al di sopra di tutto il proprio interesse personale. Come sarà, infine, il vecchio? Se lo diventerò, ci sarà tempo di parlarne.
II
Uomini del tempo antico e del moderno
…
Come si è sviluppato ciascuno di noi?…In breve, com’è diventato oggi ciò che ieri o anni fa non era?…Ma ciascuno di noi avverte in maniera particolarmente viva i cambiamenti che sono avvenuti in lui quando ha davanti agli occhi lo svolgersi di un’altra vita.
Osserviamo perciò in qual modo condussero la loro vita i nostri antenati.
I. Gli antichi
…
Il cristiano non potrebbe mai convincersi della vanità della parola di Dio, ma crede invece che essa esprima una verità eterna e incrollabile e crede che l’unico effetto delle indagini più profonde sarà quello di far risplendere ancora di più la luce di quella verità trionfante.
…
Proprio ciò a cui gli antichi attribuirono il massimo valore viene respinto dai cristiani come privo di valore e ciò che i primi riconobbero come la verità viene bollato dai secondi come vana menzogna: l’alto significato della patria si dissolve e il cristiano deve considerarsi uno “straniero sulla Terra”…
…
Tanto a lungo i padri avevano subito il violento dominio dell’inamovibile ordine stabilito che i posteri ricavarono necessariamente qualche cosa da quelle amare esperienze: il sentimento di sé stessi. Così i sofisti, audaci fino all’impertinenza, pronunciarono parole che rinfrancavano gli animi, “Non ti lasciar confondere!” e diffusero una dottrina rischiaratrice, “Usa contro ogni cosa il tuo intelletto, la tua intelligenza, il tuo spirito, con un intelletto lucido ed esercitato si va per il mondo nel modo migliore, ci si prepara la sorte migliore e la vita più piacevole”.
…
Perciò Socrate dice: dovete essere “puri di cuore”, se volete che la vostra intelligenza sia degna di venire ascoltata. Da qui ha inizio il secondo periodo della liberazione greca dello spirito, il periodo della purezza di cuore. Il primo periodo, infatti, finì con la proclamazione, da parte dei sofisti, dell’onnipotenza dell’intelletto. Ma il cuore rimase legato a questo mondo, rimase un servo del mondo, sempre affetto da desideri mondani.
…
L’educazione sofistica ha fatto sì che l’intelletto non si arrestasse più davanti a nulla, quella scettica, che il cuore non fosse mosso più da nulla.
…
Il cristiano ha interessi spirituali, perché si permette di essere un uomo spirituale, l’ebreo non capisce propriamente questi interessi nella loro purezza, perché non si permette di non attribuire nessun valore alle cose. Egli non giunge alla pura spiritualità, come quella espressa, campo religioso, per fare un esempio, dalla fede cristiana pura, che salva, cioè, senza le opere. La mancanza di spiritualità divide per sempre gli ebrei dai cristiani: l’uomo spirituale, infatti, è incomprensibile per quello privo di spirito e quest’ultimo, d’altro canto, è spregevole agli occhi del primo. Ma gli ebrei hanno soltanto lo “spirito di questo mondo”.
…
Che cosa cercò dunque l’antichità? Il vero piacere della vita, il piacere della vita! E alla fine si arrivò alla “vera vita”.
Il poeta greco Simonide canta: “La salute è il bene più prezioso per i mortali, subito dopo viene la bellezza, terza è la ricchezza acquistata senza frode, quarto il godimento dei piaceri mondani in compagnia di giovani amici”. Tutti questi sono beni della vita, gioie della vita. Che cos’altro ricercò Diogene di Sinope se non il vero piacere della vita, che egli identificò nell’avere il minimo di bisogni? Così pure Aristippo, che lo trovò nell’animo sereno in ogni situazione. Essi cercano il eredo e sicuro coraggio di vivere, la serenità, essi cercano l’atteggiamento giusto per vivere bene nel mondo.
…
La rottura con il mondo viene portata a compimento dagli scettici. Ogni mio rapporto con il mondo è “senza verità e senza valore”. Timone dice: "le sensazioni e i pensieri che ricaviamo dal mondo non contengono alcuna verità". “Che cos'è la verità!" esclama Pilato. Il mondo, secondo la dottrina di Pirrone, non è né buono né cattivo, né bello né brutto, eccetera, bensì questi sono predicati che io gli attribuisco. Timone dice: "in sé nessuna cosa e buona o cattiva, ma l'uomo la pensa in un modo o nell'altro”, di fronte al mondo non resta che l'atarassia (l'impassibilità) e l’afasia (l'ammutolimento - ossia, detto con altre parole, l'interiorità isolata).
II. I moderni
…
Anche nel cristianesimo si può osservare un corso simile a quello che aveva preso l’antichità: fino all’epoca che preparò la Riforma, l’intelletto rimase prigioniero del dominio dei dogmi cristiani, ma nel secolo precedente alla Riforma si ribellò con argomenti degni dei sofisti e portò avanti un gioco eretico con tutti gli articoli di fede. Allora si diceva, specialmente in Italia e alla corte romana: purché il cuore resti orientato cristianamente, l'intelletto giochi pure e si diverta.
…
Giunti così al punto più alto della cordialità disinteressata, dobbiamo finalmente renderci conto del fatto che lo spirito, cioè l'unica cosa che il cristiano ama, non è niente, ossia che lo spirito è una - menzogna.
…
Di chi servirono, come abbiamo visto, ciò che è naturale e mondano, l'ordine naturale del mondo, ma essi si chiesero in interrottamente se non c'era modo di sottrarsi a questa schiavitù, e dopo essersi affaticati fino allo stremo delle forze in tentativi di ribellione sempre rinnovati, ecco che nacque loro, tra gli ultimi sospiri, il Dio, il "vincitore del mondo".
…
Se gli antichi non hanno nient'altro di cui vantarsi se non della loro saggezza mondana, i moderni, dal canto loro, non sono andati ne andranno mai di là dalla sapienza divina. Vedremo più avanti che perfino le più moderne ribellioni contro Dio non sono altro che gli estremi sforzi della "sapienza divina", cioè insurrezioni teologiche.
…
§ 1. Lo spirito
Il regno degli spiriti è immenso, lo spirituale è infinitamente grande: vediamo più da vicino, tuttavia, che cos’è propriamente lo spirito, quest’eredità degli antichi.
Lo spirito nacque dalle loro doglie, ma essi non seppero esprimersi alla maniera dello spirito: seppero partorirlo, ma parlare dovette da solo. Il “Dio partorito, il figlio dell’uomo” pronuncia per la prima volta la parola secondo cui lo spirito, cioè lui stesso, Dio, non ha niente a che fare con alcuna cosa terrena né con alcun rapporto terreno, ma esclusivamente con lo spirito e con i rapporti spirituali.
…
Lo spirito è spirito libero, cioè realmente spirito, soltanto in un mondo suo proprio: in questo mondo, il mondo terreno, è uno straniero. Soltanto grazie a un mondo spirituale lo spirito è realmente spirito, perché “questo” mondo non lo comprende e non sa trattenere presso di sé “la fanciulla che viene da lontano”.
…
Che cos’è allora lo spirito? È il creatore di un mondo spirituale! Anche in te e in me viene riconosciuto un elemento spirituale solo quando si vede che ci siamo appropriati di qualcosa di spirituale, cioè di pensieri che noi, anche se ci sono stati presentati da altri, abbiamo reso vivi in noi stessi: infatti, finché eravamo bambini, ci avrebbero potuto presentare i pensieri più edificanti, ma noi non avremmo avuto la volontà o la capacità di riprodurli in noi. Così anche lo spirito è tale solo se crea qualcosa di spirituale: è reale solo insieme allo spirituale, sua creatura.
…
Se qualcuno ti dicesse che tu sei tutto spirito, tu tasteresti il corpo e, non credendogli, gli risponderesti: io ho certo uno spirito, ma non esisto solo come spirito, bensì come uomo in carne ed ossa. Faresti pur sempre una distinzione fra te e il “tuo spirito”, ma quello ti replicherebbe: anche se tu adesso sei ancora appesantito dalle catene della vita, la tua destinazione è di diventare, un giorno, uno “spirito beato” e, in qualunque modo tu ti rappresenti l'aspetto futuro di questo spirito, una cosa tuttavia è certa, con la morte ti spoglierai di questo corpo, eppure conserverai te stesso, cioè il tuo spirito, per l'eternità, perciò è il tuo spirito ciò che vi è di eterno e di vero in te, il corpo è solo una dimora terrena che tu abbandonerai e forse cambierai con un'altra.
…
Ma anche ammettendo che i dubbi che sono stati sollevati nel corso del tempo contro i principi della fede cristiana ti abbiano privato della fede nell'immortalità del tuo spirito, c'è tuttavia un principio che hai lasciato intatto e una verità a cui continui ad appigliarti ingenuamente, e cioè che lo spirito è la miglior parte di te e che ciò che è spirituale ha più diritti su di te di ogni altra cosa. Nonostante tutto il tuo ateismo, tu concordi con chi crede all'immortalità nello zelo contro l’egoismo.
Ma chi è per te un egoista? Un uomo che, invece di vivere per un’idea, cioè per qualcosa di spirituale, e di sacrificarle il suo vantaggio personale, serve quest’ultimo.
…
Perciò tu disprezzi l’egoista, perché pospone lo spirituale al personale e si cura di sé, mentre tu vorresti vederlo agire per amore di un’idea. Voi siete diversi, perché il centro è, per te, lo spirito, per lui, invece, sé stesso, ossia perché tu sdoppi il tuo io e innalzi il tuo “vero io”, lo spirito, a signore di tutto il resto, che consideri privo di valore, mentre quello non vuol saperne di questo sdoppiamento e segue appunto a suo piacimento interessi spirituali e materiali.
…
Tu perseguiti da fanatico tutto ciò che non è spirito e perciò ti accanisci anche conto te stesso, perché non riesci a liberarti del tutto di un residuo non spirituale.
…
Feuerbach, con la forza della disperazione, afferra l'intero contenuto del cristianesimo, non per buttarlo via, ma per trarlo se parentesi giacché allungo l'abbiamo desiderato, ma è sempre rimasta lontano parentesi, per strapparlo, con un ultimo sforzo, dal suo cielo e per tenerlo eternamente presso di sé.
…
L’eroe non vuol partire per l'aldilà, ma vuole attirarlo a sé e costringerlo a diventare aldiqua!
…
Mettiamo brevemente a confronto il punto di vista teologico di Feuerbach e la nostra confutazione! “L’essenza [Wesen] dell’uomo è l’essere [Wesen] supremo dell’uomo: esso viene sì chiamato Dio dalla religione e considerato un essere oggettivo, ma in verità non è che l’essenza propria dell’uomo. Questo è perciò il punto di svolta della storia universale: d’ora in avanti per l’uomo Dio non apparirà più come Dio, ma sarà l’uomo ad apparire come Dio”.
Noi replichiamo: “L’essere supremo è certamente l’essenza dell’uomo, ma appunto perché è la sua essenza e non lui stesso è perfettamente identico che noi lo vediamo fuori di lui e lo consideriamo “Dio” oppure che lo troviamo in lui e lo chiamiamo “essenza dell’uomo” oppure “l’uomo”. Io non sono né Dio, né l’uomo, né l’essere supremo, né la mia essenza e perciò in fin dei conti non cambia niente se io penso l’essenza in me o fuori di me. Infatti noi pensiamo effettivamente già da sempre l’essere supremo in un doppio aldilà, interiore ed esteriore al tempo stesso: lo “spirito di Dio”, infatti, è secondo la concezione cristiana anche il “nostro spirito” e “abita in noi”. Lo spirito dimora in cielo e dimora in noi: noi povere cose non siamo appunto nient’altro che la sua “dimora” e se Feuerbach adesso distrugge la sua dimora celeste e lo obbliga a trasferirsi con armi e bagagli da noi, ho paura che noi, suo alloggio terreno, saremo un po’ sovraffollati”.
§ 2. Gli ossessi
Hai mai visto uno spirito? “No, io no, ma mia nonna sì!”. Ma guarda un po'! Lo stesso capita anche a me: io non ne ho mai visti, ma mia nonna se li trovava tutti i momenti fra i piedi, e così, fidandoci della sincerità di nostra nonna, crediamo all'esistenza degli spiriti.
…
Chi non crede più ai fantasmi deve soltanto procedere coerentemente nella sua incredulità e si renderà conto che dietro le cose non c'è nessun essere speciale, nessun fantasma ovvero - quel che anche la lingua considera ingenuamente sinonimo - nessuno “spirito”.
“Gli spiriti esistono”. Guardati intorno nel mondo e di tu stesso se da ogni parte non ti guarda uno spirito! Dal piccolo fiore leggiadro ti parla lo spirito del creatore che lo ha formato in modo tanto meraviglioso, le stelle proclamano lo spirito che le ha ordinate, dalle cime dei monti scende il soffio di uno spirito sublime, nelle acque mormora uno spirito della nostalgia e - dagli uomini parlano milioni di spiriti. Sprofondino i monti, appassiscano i fiori, crolli l'universo, muoiano gli uomini - che importa la rovina di questi corpi visibili? Lo spirito, l’”invisibile”, rimane in eterno!
Ecco che tutto il mondo è abitato da spiriti! Soltanto abitato? No, il mondo stesso è uno spirito, è misterioso e inquietante in ogni sua parte, è il corpo, illusorio e mobile, di uno spirito, è un fantasma. Che cos'altro sarebbe infatti un fantasma se non un corpo apparente, ma uno spirito reale? Ora, il mondo è “vano”, è ”vacuo”, è “parvenza” accecante, la sua verità è soltanto lo spirito: esso è il corpo illusorio di uno spirito.
…
Qualcosa di sacro esiste solo per l'egoista che non si riconosce, l'egoista involontario, che ricerca sempre il proprio vantaggio e tuttavia non si considera l'essere supremo in rapporto a se stesso, che serve solo se stesso e al contempo pensa sempre di servire un essere superiore, che non conosce nulla di superiore a se stesso e tuttavia si esalta per ciò che è superiore, insomma l'egoista che non vorrebbe esser tale e che si umilia, cioè combatte il proprio egoismo, e tuttavia anche in questo caso si umilia soltanto “per venire esaltato”, ossia per soddisfare il suo egoismo. Poiché vorrebbe smettere di essere egoista, egli cerca in cielo e in terra esseri superiori da servire e per cui sacrificarsi ma, per quanto si agiti e si mortifichi, alla fine, però, quel che fa, lo fa solo per interesse personale e il famigerato egoismo non lo abbandona.
Perciò io lo chiamo l'egoista involontario.
I suoi faticosi tentativi di liberarsi di sé non sono che un frainteso impulso di autodissoluzione.
…
Che poi l'essere supremo sia rappresentato dal Dio uno e trino o dal Dio di Lutero o dall'être suprême oppure non da Dio, ma da « l’uomo », tutto questo non fa differenza alcuna per chi nega l'essere supremo stesso: infatti tutti coloro che servono un essere supremo sono, ai suoi occhi, tutti uguali - gente pia: l'ateo più veemente come il cristiano più devoto.
Fantasmi
Con i fantasmi entriamo nel regno degli spiriti, nel regno degli esseri e delle essenze.
La presenza misteriosa e “incomprensibile” che si aggira per il cosmo è appunto l'arcano fantasma che noi chiamiamo essere supremo. Da migliaia di anni gli uomini si pongono il compito d'indagare a fondo questo fantasma, di comprenderlo e di trovare in lui una realtà (di provare “l’esistenza di Dio”) e si tormentano così con l'atroce impossibilità, con l'interminabile lavoro da Danaidi di trasformare il fantasma in un non-fantasma, l'irreale in qualcosa di reale, lo spirito in una persona completa e corporale. Dietro il mondo esistente cercarono la “cosa in sé”, l'essenza, e dietro la cosa la non-cosa, l'assurdo [das Unding].
…
La religione consiste appunto nel non conoscere e non riconoscere che le essenze e nient’altro che le essenze: il suo regno è un reno di essenze, di fantasmi e di spettri.
…
Ma con Cristo era anche venuta alla luce la verità della cosa: il vero spirito o il vero fantasma - è l'uomo. Lo spirito corporale o corposo è appunto l'uomo: è lui l’essere tremendo e, al tempo stesso, l'apparenza e l'esistenza o l'esserci di quell'essere. Ormai l'uomo non prova più orrore dei fantasmi fuori di lui, ma soltanto di sé stesso: si spaventa di sé stesso. Nelle profondità del suo cuore abita lo spirito del peccato, già il più lieve pensiero (che è anch'esso uno spirito) può essere un diavolo, ecc. - Il fantasma ha preso corpo, il Dio è diventato uomo, ma l'uomo stesso è ora lo spettro pauroso che egli cerca di aggirare, di scacciare, di comprendere, di rendere reale e di far parlare: l'uomo è - spirito.
Perisca il corpo, purché lo spirito si salvi: l'importante è lo spirito, soltanto la “salvezza dell'anima” (o dello spirito) merita attenzione. L'uomo è diventato a sé stesso un fantasma, uno spettro inquietante, al quale si attribuisce perfino una sede determinata nel corpo (controversia sulla sede dell'anima: se nella testa o altrove).
Fissazioni
…
Non pensare che io scherzi o che parli per immagini, se considero tutti gli uomini che sono fissati su qualcosa di superiore - e sono l'enorme maggioranza, quasi tutta l'umanità - completamente matti, matti da manicomio. Che cos'è che chiamiamo “idea fissa”? Un'idea che ha soggiogato l'uomo.
…
Oppure tutte le chiacchiere idiote dei nostri giornali, per esempio, non sono discorsi da matti, da maniaci delle idee fisse della moralità, della legalità, della cristianità, ecc.? Se sembra che questi matti circolino liberi, è solo perché il manicomio in cui si trovano è grande quanto il mondo.
…
…allo stesso modo ci sono scrittori che riempiono grossi in-folio sullo Stato senza mai mettere in questione la stessa idea fissa dello Stato e i nostri giornali rigurgitano di politica, perché sono fissati sull’idea che l’uomo sia fatto per diventare uno zòon politikon: e così i sudditi vegetano nella sudditanza, i virtuosi nella virtù, i liberali nell’”umanità”, ecc, senza provar mai sulle loro idee fisse il coltello tagliente della critica. E così quei pensieri sono ostinati e irremovibili come le manie di un pazzo: chi li mette in dubbio compie atto sacrilego. Ecco cos’è veramente sacro: l’”idea fissa”!
…
Se non vi piace la parola “possessione”, parlate pure di “preconcetto”…Io aggiungo che l’entusiasmo perfetto (è inutile perder tempo con quello incerto e imperfetto) si chiama fanatismo.
Il fanatismo è caratteristico delle persone colte: infatti colto è colui che s’interessa di cose spirituali e l’interesse per cose spirituali, se è davvero vivo, è appunto fanatismo e non può non esserlo…
…
La fede morale non è meno fanatica della fede religiosa.
…
Gli uomini morali hanno scremato dalla religione la parte migliore del grasso e se la sono gustata: adesso hanno un gran da fare per liberarsi dalla malattia ghiandolare che così si sono presa.
…
Perché certe opposizioni non riescono a svilupparsi?
Esclusivamente perché non vogliono abbandonare il tracciato della moralità o della legalità. Di qui le enormi ipocrisie a base di abnegazione, di amore, ecc.: un vero schifo, da far venire ogni giorno la nausea più profonda di fronte a questo comportamento corrotto e ipocrita di un’”opposizione legale”. - Nel comportamento morale dell'amore e della fedeltà non c'è posto per una volontà divisa, contrapposta a se stessa: il bel comportamento è turbato se uno vuole una cosa e l'altro il contrario. Ma secondo la prassi seguita finora e il vecchio pregiudizio dell'opposizione, innanzitutto deve essere mantenuto il comportamento morale. Che cosa resta allora all'opposizione? Forse volere una libertà che l'amato ritiene giusto negarle? Ma nemmeno per sogno! Volere quella libertà, non le è concesso: può soltanto auspicarla, “presentare petizioni e istanze” in questo senso, balbettare un “vi prego!”. Che cosa accadrebbe se l'opposizione volesse davvero, volesse con tutta l'energia della volontà? Ma no! Essa deve rinunciare alla volontà, per vivere l'amore, rinunciare alla libertà - per amore della moralità. Non può mai “esigere come un diritto” ciò che le è concesso soltanto d’”invocare come una grazia”. L'amore, l'abnegazione, ecc., richiedono con inflessibile sicurezza che ci sia una sola volontà a cui gli altri siano fedeli, che servano, seguano ed amino.
…
Se uno ha osato, per una volta, presentare “liberamente” la propria richiesta, ecco che poi l'annacqua subito con assicurazioni d'amore e - simula rassegnazione; se l'interlocutore, d'altra parte, ha avuto la faccia tosta di rispondere negativamente a quella richiesta, presentata così liberamente, richiamandosi, da un punto di vista morale, a questioni di fiducia, ecc, ecco che subito anche il coraggio morale viene meno ed egli assicura che quelle libere parole sono state da lui accolte con particolare compiacimento, ecc.: si - simula apprezzamento.
…
M'immagino l'incontro fra voi liberali e un uomo feudale: voi addolcirete ogni parola libera con uno sguardo pieno di ossequiosa fiducia e quello rivestirà il suo feudalismo con le frasi fatte più adulatrici sulla libertà. Poi, separandovi, voi penserete, esattamente come lui: “Ti conosco, vecchia volpe!”. Egli subodora in voi il diavolo, così come voi in lui il vecchio e tetro Signore Iddio.
…